Articolo tratto dalla rivista “Scienza e Sport” N° 4, 2009, scritto da Aldo Sassi.
Sono ormai più di 50 anni che ricercatori di tutto il mondo studiano la cadenza ottimale di pedalata
“La forza che il ciclista deve applicare per trasmettere una determinata potenza alla ruota dipende dalla cadenza della pedalata stessa (rpm): cadenze ridotte comportano l’impiego di tensioni muscolari più elevate e viceversa. Tra gli appassionati, i tecnici e i ricercatori, vi sono coloro che sostengono sia più vantaggioso adottare cadenze relativamente elevate e coloro che pensano che ciò non sia vantaggioso. Da oltre mezzo secolo proliferano gli studi su questo argomento e sui possibili fattori che ne determinano la scelta da parte del ciclista. Le ipotesi sull’argomento sono ancora lontane dall’essere ricondotte a un’interpretazione univoca in grado di conciliare le evidenze sperimentali spesso contrastanti.”
Con questa frase si capisce chiaramente che ai giorni nostri non è ancora possibile comprendere cosa sia meglio fare, se alzare rpm o aumentare la forza di spinta sul pedale. Cosa certa è che all’aumentare della velocità i ciclisti preferiscono cadenze di pedalata più elevate, questo a prescindere dalla potenza erogata. Alcuni studi hanno messo in evidenza il fatto che i ciclisti scelgono spontaneamente la cadenza ottimale, che non necessariamente è quella più economica, in termini di consumo di ossigeno. In tappe in pianura, le cadenze media di 10 ciclisti professionisti sono intorno alle 90 rpm (Lucia e Coll., 2001 ; Vogt e Coll., 2007b). In 16 studi riportati da Ansley & Cangely (2009), quella più economica risulta essere compresa tra 56 e 80 rpm, con valore medio di 67, dunque chiaramente al di sotto delle cadenze spontaneamente scelte da atleti esperti su strada.
La maggior parte degli studi pubblicati portano nel loro insieme a ritenere che:
- la cadenza energicamente più economica sia più bassa di quella spontaneamente scelta da ciclisti evoluti, sebbene progressivamente crescente all’aumentare del carico di lavoro;
- la scelta di cadenza operata dai ciclisti sia sostanzialmente un compromesso tra le cadenze più economiche dal punto di vista energetico (60-70 rpm) e quelle che minimizzano lo sforzo muscolare degli arti inferiori (100 rpm) – Lucia e Coll., 2004.
La relazione tra la cadenza di pedalata e la percezione dello sforzo (RPE) ne sarebbe la conferma, visto che il livello minimo di percezione dello sforzo si attesta intorno alle 80-85 rpm.
CONSEGUENZE PRATICHE:
- “l’allenamento specifico “dietro motori” è da considerarsi un ottimo allenamento in quanto si possono raggiungere velocità elevate, che permettono la scelta da parte del ciclista di cadenze simili a quelle utilizzate nel gruppo. Questo produce un allenamento altamente specifico dal punto di vista neuro-muscolare.”
- “Sforzarsi di tenere cadenze relativamente alte, per alleviare la tensione muscolare, non sembra trovare una giustificazione valida e l’imitazione di un grande campione come Lance Armstrong non può essere la ragione sufficiente per modificare le abitudini degli altri ciclisti.”
- occorre essere molto cauti nell’indurre nei giovani ciclisti, e ancor di più in quelli evoluti, l’utilizzo di cadenze diverse da quelle spontaneamente scelte (questo chiaramente non vale per esercitazioni specifiche).
Gardatrainer – Simone Bortolotti